Come fossi un qualunque dio,
ti ho nominato invano.
Ti ho nominato
senza pentimento,
tu non mi hai mai sentito.
Giugno 2017
Come fossi un qualunque dio,
ti ho nominato invano.
Ti ho nominato
senza pentimento,
tu non mi hai mai sentito.
Giugno 2017
Mi piaceva l’appartenenza
essere di qualcuno
e non solo qualcosa
che non so dire.
Mi piaceva sentirmi legata
non dovevo scegliere
se andare e quando.
Mi piaceva la casa
il conforto delle mura
poi divenute gabbia.
8
A Napoli si dice (lei l’ha sentito più volte dire da persone anziani e quindi inevitabilmente più sagge), “che sul limone schiacciato a terra, bisogna metterci il piede sopra”.
Si è sempre chiesta se è una forma di cattiveria gratuita verso chi è già in difficoltà, che non bisogna avere pietà per nessuno perché a volte chi ci induce pietas non sempre la merita.
L’ha sentito dire anche da una persona che è sempre stata durante la sua vita molto compassionevole, che ha sempre aiutato tutti, anche se non aveva Lei stessa tanto da poter donare, eppure lo faceva, però ogni tanto diceva questa cosa del limone, e lei che non la conosceva come persona cattiva, pensava che a volte anche i buoni si stanchino di esserlo.
A volte la bontà è stancante, soprattutto quando ti trovi di fronte a persone che non conoscono la gratitudine, che pensano che tutto gli sia dovuto perché esiste da qualche parte un disegno divino che magari prevede che sia dato anche a chi non merita niente.
Volesse il cielo
che non fosse solo questo mordere
senza masticare,
solo questo guardarsi le mani
pensando al mare.
Volesse il cielo
che non fosse pianto d’innocenti
questo rumore lontano,
volesse che il nuovo giorno si presentasse nudo
e tutto a colori da rivestire.
Volesse il cielo
che ci fosse più cuore nel cervello
e meno piombo da digerire ,
volesse che si potesse , dopo la tempesta,
vedere lo stesso arcobaleno
ovunque.
…come i battiti che pulsano nel polso
mentre scrivo,
pioggia che picchietta sui vetri,
pianto bambino in una notte
di finestre ancora aperte,
come versi leggeri letti da voci d’incanto,
come gente che mi volta le spalle,
come acqua fredda su calda pelle,
come il passare del tempo sognando,
come vento sui fiori nel campo,
adesso nelle parole taciute,
nelle ossa dolore costante, ti sento.
Una parte di me ti cercherà
sempre tra la folla,
un’altra parte se t’incontra
t’ammazza.
Una parte di me, mai
lascerà andare il passato,
un’altra balla e canta
sulle sue stesse ferite.
Vedi, come dice il Poeta, siamo moltitudini.
pieni di dubbi e contraddizioni,
difficile è tenere insieme
questi pezzi di Bene
che attirano il Male.
Mettimi addosso una felicità leggera
tipo impermeabile che mi ripari
dalla pioggia della vita,
mettiti di lato e cammina con me
che quello che si divide
non può fare cosi male,
fosse pure il giorno peggiore
non ci troverà impreparati
così riparati.
E’ un motore propulsore
tiene insieme le ossa
attacca la carne al dolore
spinge verso l’infinito delle possibilità
un tempo rimosse.
È una prima e un dopo
il raccordo anulare
le resettare idee
il mettere a tacere coscienze.
E’ una sveglia che non devi caricare
il temporale che puoi attraversare
l’uomo che non puoi tradire,
la rabbia.
Io vaneggio
Tu corneggi
Egli mente
Noi ignoriamo
Voi banchettate
Essi schifano
Per esempio riparare il cuore
riempendolo di parole buone,
antiche o seminuove
parole di un altrove,
oppure d’oltre
e ribadire che quasi mai
c’è spreco d’amore
fino a crederci e ricominciare.